Della mia arte
Molte volte mi è stato chiesto “cosa è l’arte”. Per molto tempo ho dato risposte concettuali, complesse, farragginose, create appositamente per nascondere la mia “ignoranza” e in sostanza per non rispondere. Poi un giorno decisi di smettere di ingannarmi pensando di sapere cosa stessi facendo mentre mi trastullavo con pennelli e matite, e cercai la “vera” risposta. La pensai ascoltando. Certo, perché troppo mi ero circondato di pensieri. Pensatori d’ogni tempo hanno descritto, eviscerato, scarnificato, appiattito, svilito, esaltato il concetto di ARTE. Ma la ragione non può afferrare ciò che per definizione è irrazionale o meglio non raziocinante. Così tutti costoro avevano creato delle straordinarie costruzioni intellettuali, dei castelli mirabolanti e perfetti per incasellare in un concetto gli atti, senza però intuire che ciò che si doveva “pensare” non era il risultato, bensì il momento generante, ciò che definiva il principio creatore, il motore primo. Mi misi ad ascoltare dunque. Di cuore, di cervello, d’umore, finanche di spirito. E, d’un tratto mi sovvenne una parola: sfrondare. Questo fanno gli artisti mi dissi . Questo è in sostanza il fare arte. Si prende una realtà, la si sfronda dalle cose che si ritengono inutili e si propone quello che noi pensiamo o sentiamo in relazione a quella realtà. Questo agire l’arte, in apparenza sembra semplicistico, ma in realtà è molto articolato, perché i piani in cui avviene la “sfrondatura” sono innumerevoli e tutti tra loro intrecciati. In ogni opera entrano delle